Monday, 7 May 2012
Sunday, 6 May 2012
Friday, 4 May 2012
Thursday, 3 May 2012
Wednesday, 2 May 2012
Tuesday, 1 May 2012
Monday, 30 April 2012
Sunday, 29 April 2012
Akhram
La Luca Sarfari's Team e' una tribu' un po' strana. L'ammettiamo noi per primi.
Qui neri, bianchi, mezzi neri e mezzi bianchi convivono, si rispettano, imparano l'uno dall'altro.
Condividiamo tutto, mischiando le diverse culture in un gioco che ci appassiona e coinvolge.
Cosi' abbiamo deciso, intorno ad una bella zuppa di verdure e frescheggiati dal vento della Rain saison,
di pubblicare nel nostro blog un racconto tratto da un libro di uno della tribu'. Fateci sapere.
Luca Safari's Team
Un
gatto girava per strada distratto.
Incontrò
una formica che sudava
a
testa bassa
le
chiese perché?
Perché
la vita è dura
Rispose
tristemente.
Poi
incontrò una cicala seduta
a
frescheggiare serena
le
chiese perché?
Perché
ne vale la pena
Rispose
sorridendo
(Akhram)
Akhram
ha 12 anni e scrive poesie da sempre. Iniziò presto con questa
passione.
Appena
a scuola imparò ad usar penne e fogli partì d’istinto.
Il
suono della melodia e della metrica lo portava a vedere cose e a
formulare pensieri che solo lui vedeva e che lo estraniavano da tutto
il resto. Perciò all’inizio la maestra si preoccupò e ne parlò
persino con Fatuma. Sua madre. Non voglio farti impensierire ma
Akhram è veramente strano. Non gioca con gli altri bambini e ride
poco e fa domande da grande. Certe volte mi mette persino in
imbarazzo con la classe perché non so cosa rispondere. Le raccontò
Chiuna, che sarà stata anche una bella ragazza e molto competente a
sculettare per la town ma come maestra lasciava un po’ a
desiderare.
Fatuma
sorrise e guardandola le rispose maliziosa. Allora forse il problema
è tuo. A casa è un bambino normale. Gli piace soltanto scrivere
poesie. Cosa ci sarà di tanto strano? Fatuma sapeva benissimo che
Akhram non aveva nessun problema. Era soltanto un bambino
intelligente e sensibile. Persino il muezzin della moschea glielo
aveva fatto notare. Diventerà un grande uomo un giorno le disse. Ma
a Fatuma non piaceva che frequentasse troppo la moschea e anche
Akhram era in sintonia. Trovava noiosa la lettura del Corano a quella
maniera mentre lui quando lo leggeva da solo ci traduceva un sacco di
cose diverse da quelle che sentiva dire poi dai religiosi. E
non ci scovava mai quella rabbia e quel rancore che invece un pò
tutti predicavano.
Le
mitrie pungenti seppellirono l’aria
Grida
dolorose setacciarono
percorsi
di morte
Rosso
di sangue scorreva
nelle
crepe della strada
Un
uomo sedotto e ferito era brillato
Violenza
ancora
Senza
l’ombra di un amore
E
Allah si vergognò quando
urlò
il suo nome
(Akhram)
Tra
guglie d’originalità e una dialettica minimalista spiazzante e
tempo perso a guardar la gente perder tempo Akhram passava spesso a
trovare mzee Malik. Un signore arabo olistico che adorava questo
ragazzo osservatore attento della vita ed educato da far impressione.
E
che domande poi. Certe volte lo metteva in imbarazzo perché non
sapeva cosa rispondere ai suoi quesiti arguti ed originali. Curiosava
sempre a naso in sù tra i libri della biblioteca che era una cosa
importante e non si stancava mai di chiedere nuove letture. Aveva
praticamente divorato tutti i classici musulmani iniziando
ad interessarsi a certa letteratura occidentale.
Il
Vecchio e il Mare di Hemingway lo aveva entusiasmato.
Anche quel bel libro sulle guerre del nord. Maggiore Lawrens cosa l’attrae del deserto?
Anche quel bel libro sulle guerre del nord. Maggiore Lawrens cosa l’attrae del deserto?
Che
è pulito.
Mi
piace perché è pulito.
Se
la ricordava ancora questa citazione spettacolare.
Mzee
mandò la governante a comprare due gelati senza farsi sentire da
Akhram che adorava il cono con la cioccolata intorno e bianco dentro
per non parlare poi dei dolciumi tutti. In effetti aveva qualche
chilo in più e i capelli quasi castano che ricordavano una fetta di
dna muzungu. Dato che il padre era un italiano che aveva
intrallazzato per un pò a Malindi e poi era fuggito lasciando sua
madre in un mare di guai.
Due
occhi azzurro/verde che penetravano fin dentro i pensieri ma il suo
sorriso aperto e leale smorzava quell’energia imbarazzante.
Era
più alto della sua età e piaceva alle
ragazzine.
Ma quando Fatuma lo scherniva per questo lui tornava bambino e
niziava a sbuffare chiudendosi in se stesso. Akhram non si trovava
ancora a suo agio in mezzo ad un sacco di ragazzette che mettevan su
forme smaliziate.
Gustarono
quel gelato nel fresco della terrazza buona cullati dalla brezza del
tardo pomeriggio e l’odore di cucina che si spandeva dalle mille
bettole giù in strada.
Poi
Malik introdusse un argomento che gli stava a cuore e desiderava
sapere cosa ne pensava lui.
La
prese un attimo larga e parlava rivolto verso la libreria.
Tirò
via un volume alto dalla copertina ocra e girandosi gli chiese cosa
ne pensi della compassione?
Akhram
lo guardò sibilino e ci pensò due minuti e poi recitò quasi sotto
voce.
Un
uomo stava morendo di fame
Arrivò
un altro uomo che aveva poco cibo
Quando
lo vide iniziò a dividere
per
due quel poco che aveva
Perché
lo fai? Chiese il moribondo
Perché
senza Te non esiste Noi. Rispose Lui.
(Akhram)
Quando
oramai si avvicinava la fine dell’anno con la sua orgia di risate e
festeggiamenti Fatuma iniziò a sentirsi male. Distesa su un letto a
sudare capì che stava succedendo qualcosa di poco bello.
Da
quella splendida mamma che era non lasciò che Akhram intuisse come
stavano realmente le cose.
Il
dottore le aveva diagnosticato qualcosa ai polmoni e prescritto
qualche medicina ma i venti dell’oltretomba
iniziarono
a fischiare intorno alla sua casa.
Akhram
invece aveva capito tutto. Come sempre.
Passava
discreto le giornate seduto al suo capezzale a leggere o ad
asciugarle il sudore o a portarle dell’acqua. Ogni tanto lei gli
sorrideva e gli sistemava con fatica quei bei capelli che tutti
invidiavano.
Lui
abbozzava un sorriso e le sussurrava non ti preoccupare mamma che
andrà tutto bene.
Quella
notte Fatuma pianse finchè non si sentì svuotata. Ossessionata
dall’idea che se moriva Akhram si sarebbe trovato solo.
In
quei giorni si ritirò ancora più in se stesso.
Sigillò
l’ultimo bottone della sua corazza invisibile trasformandola in una
difesa impenetrabile. Ma ebbe tempo e modo per notare nei gesti
dell’ordinarietà un refuso di immortalità. Quasi sacro.
E
comprese che l’eccezionalità era soltanto il compendio e il
compenso di questi piccoli gesti.
E
contemplando l’essenza della vita quasi a sfiorarla si incastonò
uno spazio nelle sue pieghe.
Minuscolo
e modesto. E fu in quel perimetro che trovarono riparo e conforto i
suoi sentimenti e le sue
cicatrici.
La
condivisione è il prezzo
che
si paga per capire qualcosa
La
solitudine è il prezzo
che
si paga per capire tutto
(Akhram)
La
Nera Signora se la portò via l’ultimo giorno dell’anno dopo un
agonia che rimase stampata negli occhi di Akhram per il resto dei
suoi giorni. Il dottore aveva sbagliato a prescrivere i medicinali e
Fatuma peggiorò rapida e si spense quando il cuore e i polmoni
cedettero sotto l’affondo del destino e della stupidità umana. Ed
Akhram non versò una lacrima. Assistette a tutti i preparativi e
alla funzione senza batter ciglio stretto in mezzo
ai parenti segnati dalla perdita.
Perché
Fatuma era un po’ il punto di riferimento del clan. Donna svelta e
snella con un passato da gran bella femmina. Intelligente e poco
incline a recitare la parte della donna musulmana dimessa. Nessuno si
ricordava di averla vista chiusa dentro un burqa e più di un uomo
aveva dovuto farci i conti ed abdicare davanti
alla sua lingua tagliente e ai suoi modi decisi che intimidivano.
Signora di vita che aveva pure viaggiato per il mondo sapeva dare
buoni consigli filtrando la realtà con occhio disincantato e libero
dalle censure della religione.
Fu
una gran perdita per tutti.
Kassim
partecipò alla funzione un po’ in disparte ostaggio di un dolore
raro. Si erano amati tanto lui e Fatuma. Insieme a lei aveva imparato
la forza dell’unione e l’impegno e la dolcezza che questo
comportava. Fu sopra l’ultimo fiore che lasciò cadere su quella
terra amara che si giurò mai più. Akhram quando lo vide si
avvicinò
e si aprì in un mezzo sorriso dai contorni tristi.
Kassim
gli allungò un foglio e lui aprendolo lesse ad alta voce.
Gemma
di carne
Rosa
di sapere
Seta
di speranza
Crisalide
d’amore
Graffio
doloroso
(Kassim)
Finì
di leggere e lo abbracciò con una forza disperata. Poi finalmente si
sciolse e pianse.
Diversi
anni dopo usciva dal portone del liceo avvolto dal piacere della
calura di quella splendida giornata primaverile. Era cresciuto e si
era allungato molto ed era pure snellito ed era diventato ancora più
bello.
Se
mai ce ne fosse stato bisogno.
Viaggiava
su uno scooter ordinario ed era circondato da un’energia
impercettibile.
Come
se un angelo vegliasse la sua persona e gli trasmettesse una serenità
che si avvertiva nettamente.
Oramai
viveva in Italia da diversi anni presso la sorella della madre che
dopo la sua perdita si era fatta in
quattro
insieme al marito per portalo a vivere con loro.
All’inizio
Akhram era stato molto titubante ma poi aveva accettato sotto il peso
della logica e degli eventi.
Un
lungo viaggio inizia con un passo -
Scrisse prima di partire nel suo quaderno di poesie. - Ma
dopo quel passo sarà bene controllare che la suola delle scarpe sia
buona. Casomai il viaggio fosse troppo lungo.
Fu
l’unica poesia che scrisse con un sorriso e l’ultima di tutta la
sua vita.
Nel
parcheggio della scuola si radunavano piccole tribù a detonare e a
scherzare e a smontare in ogni dettaglio la lingua italiana in uno
svolazzo di gesti e riti e codici che a loro soltanto appartenevano e
che il mondo là fuori ancora non poteva decifrare.
Akhram
sistemò con cura i libri e gli appunti nel bauletto e si sedette sul
suo scooter mentre scorgeva
avvicinarsi
uno sepolto sotto uno zaino sproporzionato pieno di libri e strumenti
quasi fosse uno sherpa.
Giovanni
cosa combini oggi di bello?
Domandò
all’amico secchione temerario nello studio quanto imbranato nella
vita.
Eh
che faccio. Provò a sorvolare. Studio. La vita è dura.
Rispose
tristemente. E tu?
Io
invece vado a farmi una bella passeggiata fino a quella vetta.
Rimandò
sereno indicando il promontorio che circondava la valle tutto
intorno.
Perché?
Chiese l'amico.
Perché
ne vale la pena.
Rispose
sorridendo.
Saturday, 28 April 2012
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